La rilevanza delle misure cautelari coercitive ai fini del grave illecito professionale

Misure cautelari

Istituto da sempre oggetto di animato dibattito, il grave illecito professionale viene in rilievo in caso di adozione, nei confronti di un soggetto avente una carica aziendale rilevante, di una misura cautelare quale la carcerazione preventiva. Vediamo cosa afferma la giurisprudenza sul punto.

Misure cautelari: nell’ambito delle cause di esclusione dalle procedure di selezione previste dal Codice dei contratti pubblici rileva quella in materia di grave illecito professionale, figura dai contorni incerti e che continua a muovere ampi dibattiti della giurisprudenza e della dottrina (art. 80, comma 5 del D.Lgs. n. 50/2016).

Il perimetro del grave illecito professionale è stato più correttamente definito dalle Linee Guida Anac n. 6 “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”.

Uno dei primi interrogativi che gli operatori si sono posti riguardo a tale figura è stata in riferimento ai presupposti di configurazione nel caso di fattispecie di rilevanza penale ovvero se, ai fini della valutazione di idoneità professionale, fosse necessaria una sentenza almeno di primo grado. Ciò in relazione a più finalità:

  • Rispettare la presunzione di innocenza, principio fondante del sistema penale italiano;
  • Valutare sulla base di elementi di prova compiuti;
  • Adeguarsi alla decisione di un organo deputato per legge alla definizione della fattispecie.

Queste ragioni, che darebbero luogo a una posizione più conservativa in merito alle valutazioni del grave illecito professionale si sono successivamente scontrate con posizioni differenti mosse dalla diversa esigenza di salvaguardare la discrezionalità della pubblica amministrazione nella possibilità di valutare la rilevanza di qualunque circostanza che possa mettere in discussione l’affidabilità e l’integrità dell’operatore al fine di eseguire l’appalto pubblico.

Infatti, secondo l’orientamento oggi dominante in materia “il giudizio sulla serietà del concorrente basato su di un grave errore professionale non richiede che tale errore sia accertato con un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato, essendo sufficiente che l’errore emerga alla luce di un “qualsiasi mezzo di prova” a tal fine idoneo (cfr.,Corte di giustizia, 13 dicembre 2012, causa C-465/11). ”

In linea con questo orientamento pertanto sono state considerate rilevanti, se riferite a reati ritenuti in grado di incidere sulla moralità professionale e seppur non definitive:

  • La pendenza di un giudizio penale sulla base di un rinvio a giudizio
  • L’ordinanza di custodia cautelare
  • La sentenza di primo grado.

Le situazioni citate rappresentano quindi dei mezzi di prova che l’amministrazione può porre a fondamento della propria valutazione sull’operatore economico.

Circa il momento di verificazione la stazione appaltante è tenuta a valutarle anche se sopravvenute alla presentazione dell’offerta ponendosi, nel caso di specie, il dubbio della possibilità di valutare positivamente eventuali misure cautelari di self-cleaning prontamente adottate.

Un operatore economico che incorre in una causa di esclusione dalla procedura di selezione dovuta a un grave illecito professionale posto in essere da un suo esponente aziendale interrompe la continuità nel possesso del requisito di moralità professionale e fa pensare che, anche al momento della formulazione dell’offerta, non sussistesse l’affidabilità e l’integrità della persona.

In relazioni a queste considerazioni si è pertanto formata la giurisprudenza maggioritaria che stabilisce la rilevanza delle misure cautelari di self-cleaning solo in relazione a procedure di selezione a cui l’operatore ha partecipato dopo la loro adozione.

Ciò nonostante, si segnala una recente posizione del Consiglio di Stato che precisa che i numerosi precedenti sull’operatività pro futuro non vanno intesi nel senso che, valendo le misure di self cleaning per il futuro, esse sono del tutto prive di significato nell’ambito della gara iniziata prima della loro adozione, ma piuttosto che il giudizio di “sufficienza” delle misure cautelari adottate di cui è detto nella disposizione del Codice dei contratti pubblici consente da solo di prevenire l’esclusione dell’operatore economico quando l’emenda era già intervenuta prima della presentazione delle offerte. Tuttavia, l’adozione delle misure medesime in corso di procedura non è affatto un evento la cui valutazione sia preclusa alla stazione appaltante tamquam non esset. All’opposto, rientra nel prudente apprezzamento della stazione appaltante tenere conto delle misure di self cleaning adottate in corso di procedura e di valutare la loro idoneità (o meno, eventualmente anche in ragione della tardività dell’intervento riparatore) a garantire l’affidabilità dell’operatore economico nella fase esecutiva dello specifico appalto di che trattasi” (CdS n. 9782/2022).

Tenuto conto di quest’ultima giurisprudenza che apparentemente fornisce una “stessa” lettura della fattispecie sarà pertanto rimessa alla stazione appaltante la valutazione sulla rilevanza:

  1. della fattispecie penale non definita o definitiva;
  2. delle misure di self-cleaning adottate.

Nell’ambito della discrezionalità di queste valutazioni si anniderà la possibilità di contestazioni delle parti tipica caratteristica del diritto dei contratti pubblici.

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