Il diritto alla revisione prezzi negli appalti in corso di esecuzione

La crisi economica degli ultimi anni a far data dalla pandemia ha segnato diversi settori produttivi.

Ha inciso anche sugli appalti pubblici e il legislatore è intervenuto con delle leggi speciali che hanno sancito il diritto dell’appaltatore, a certe condizioni, alla revisione dei prezzi negli appalti.

La problematica ci da l’occasione di esaminare una recente sentenza del Consiglio di Stato, n. 1844 del 23.2.2023.

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Ricostruzione del fatto

Nell’ambito dell’esecuzione di un contratto per la fornitura di cloruro di sodio a uso disgelo stradale l’appaltatore chiede la revisione dei prezzi a causa della crisi del settore che ha portato a una lievitazione dei costi per il trasporto della sostanza. La revisione dei prezzi viene chiesta sia dopo l’aggiudicazione, sia dopo la stipula del contratto ma la stazione appaltante rigetta la richiesta in entrambe le fasi.

L’appaltatore quindi, dopo la stipula, impugna il rifiuto alla revisione sostenendo che le norme di settore ne ammettono la richiesta e concessione da parte della stazione appaltante.

Ragionamento in diritto

Il Consiglio di Stato ritiene che nel caso specifico l’appaltatore non ha diritto alla revisione prezzi.

Il ragionamento del giudice prende le mosse dal comportamento tenuto dall’appaltatore (che già prima della stipula aveva richiesto la modifica) e dalle condizioni dell’appalto previste nel contratto e nella documentazione allegata al contratto stesso.

Infatti la documentazione non conteneva una disposizione che consentisse la revisione dei prezzi, scelta peraltro legittima sulla base della normativa sussistente al momento dell’avvio della procedura (la revisione prezzi negli appalti di servizi e forniture è diventata di obbligatoria individuazione nei documenti di gara con il decreto sostegni-bis). In aggiunta le norme non prevedono neanche un meccanismo che operi in fase esecutiva come nei lavori, la cui disciplina non è estensibile per via analogia agli appalti di forniture. Il diverso trattamento riservato ai servizi e alle forniture è giustificato dalle peculiarità proprie dei differenti settori, così come avviene ai sensi dell’art. 1664 c.c., che ha a oggetto ex art. 1655 c.c. “il compimento di un’opera o di un servizio” e non anche le forniture.

In ogni caso il Consiglio di Statp sottolinea che non sussistono in un caso del genere i presupposti di un’eccessiva onerosità sopravvenuta perché l’aumento dei costi si era verificato già prima della stipula del contratto e l’appellante ne era consapevole posto che aveva già avanzato istanza di rinegoziazione.

In conseguenza di tutte le motivazioni esposte l’appello viene respinto e l’appaltatore rimane obbligato a eseguire le prestazioni alle condizioni – immodificabili – contenute nel contratto sottoscritto con la stazione appaltante.

Si può notare che se la posizione del Consiglio di stato tutela solo formalmente la posizione della stazione appaltante perché non affronta in chiave sostanziale le problematiche di un appalto che, se realmente non è più in equilibrio, espone l’esecuzione a inadempimenti e l’operatore a pesanti conseguenze economiche.

Proprio per questo motivo, è stato da più parti richiesto in sede politica di prevedere delle norme che affrontino il settore dei servizi e forniture con misure specifiche come avvenuto per il settore dei lavori. D’altronde anche questi settori possono avere una rilevante incidenza economica sull’economica di uno stato e degli operatori che operano nel relativo mercato.

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